(di Andrea Tornielli*) - Ieri mattina Benedetto XVI ha presieduto la liturgia della domenica delle Palme, dando così inizio ai riti della
Settimana Santa. Il giorno prima, Papa Ratzinger aveva compiuto 84 anni, e domani, anniversario dell’elezione, entrerà nel settimo anno di pontificato. Mi ha colpito ancora una volta, seguendo la celebrazione, alla quale hanno partecipato più di cinquantamila persone, la resistenza fisica del Pontefice, che come sempre ha ascoltato rimanendo in piedi tutta la lettura cantata del «Passio».
Nell’omelia, Benedetto XVI ha riflettuto sul fatto che gli uomini puntano in alto, hanno raggiunto enormi risultati grazie alla scienza e alla tecnica, ma queste conquiste non ci rendono liberi. E ha anche accennato al fatto che le catastrofi naturali ci ricordano il nostro essere limitati. Ecco un brano:
«La nostra processione odierna vuole quindi essere l’immagine di qualcosa di più profondo, immagine del fatto che, insieme con Gesù, c’incamminiamo per il pellegrinaggio: per la via alta verso il Dio vivente. È di questa salita che si tratta. È il cammino a cui Gesù ci invita. Ma come possiamo noi tenere il passo in questa salita? Non oltrepassa forse le nostre forze? Sì, è al di sopra delle nostre proprie possibilità. Da sempre gli uomini sono stati ricolmi – e oggi lo sono quanto mai – del desiderio di “essere come Dio”, di raggiungere essi stessi l’altezza di Dio. In tutte le invenzioni dello spirito umano si cerca, in ultima analisi, di ottenere delle ali, per potersi elevare all’altezza dell’Essere, per diventare indipendenti, totalmente liberi, come lo è Dio. Tante cose l’umanità ha potuto realizzare: siamo in grado di volare. Possiamo vederci, ascoltarci e parlarci da un capo all’altro del mondo. E tuttavia, la forza di gravità che ci tira in basso è potente. Insieme con le nostre capacità non è cresciuto soltanto il bene. Anche le possibilità del male sono aumentate e si pongono come tempeste minacciose sopra la storia. Anche i nostri limiti sono rimasti: basti pensare alle catastrofi che in questi mesi hanno afflitto e continuano ad affliggere l’umanità».
Oggi, ci dice il Papa, esiste il rischio che le grandi capacità e conquiste della scienza e della tecnica si trasformino in «tempeste minacciose sopra la storia». Parole che riecheggiano un radiomessaggio di Pio XII, del 24 dicembre 1953. Quando Papa Pacelli paventava l’affermarsi di uno «spirito tecnico», che compisse «il suo mostruoso capolavoro di trasformare l’uomo in un gigante del mondo fisico a spese del suo spirito ridotto a pigmeo del mondo soprannaturale ed eterno».
*Andrea Tornielli, vaticanista del quotidiano “La Stampa” è uno dei più accreditati vaticanisti Italiani.
Nessun commento:
Posta un commento