26 ottobre 2015

++PAPA FRANCESCO A MILANO++

Domani, martedì 27 ottobre, in Duomo l'Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, annuncerà che sabato 7 maggio 2016 Sua Santità Papa Francesco si recherà in Visita pastorale alla Diocesi di Milano.
L'annuncio sarà dato in occasione dell'incontro alle 10 dei sacerdoti ambrosiani con Sua Beatitudine, il cardinale Béchara Boutros Raï, Patriarca dei Maroniti in Libano.
Il Patriarca interverrà alle 21 sempre in Duomo sul medesimo tema incontrando i laici della Diocesi.

5 ottobre 2015

Don Andrea Migliavacca Vescovo di San Miniato

Redazione - Il Santo Padre Francesco, ha nominato il Can. Andrea Migliavacca vescovo titolare di San Miniato (PI). Ecco il profilo biografico di don Andrea pubblicato nel bollettino della Sala Stampa.

Il Rev.do Andrea Migliavacca è nato a Pavia il 29 agosto 1967. Ha conseguito il diploma delle medie superiori presso l’Istituto di ragioneria “Bordoni” di Pavia. Entrato nel Seminario diocesano nell’anno 1986, ha frequentato gli studi in preparazione all’ordinazione sacerdotale, che ha ricevuto il 27 giugno 1992, incardinandosi nella diocesi di Pavia.
Dal 1992 al 1996 è stato alunno del Pontificio Seminario lombardo a Roma, dove ha conseguito la laurea in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana nel 1996.
Ha svolto i seguenti incarichi: Vice Assistente di Azione Cattolica dei ragazzi dal 1996 al 2001; Notaio del Tribunale Ecclesiastico Diocesano dal 1996 al 2004 e Vicario Giudiziale aggiunto dal 1997 al 2005. Nel 1998 è stato nominato Segretario del Sinodo Diocesano. È stato Assistente Unitario di Azione Cattolica e Assistente Regionale del settore giovani dal 1998 al 2001; Incaricato per la Pastorale Giovanile dal 1999 al 2009; Assistente dei Giovani di Azione Cattolica dal 2001 al 2008; Amministratore Parrocchiale di San Genesio ed Uniti in Pavia dal 2007 al 2009; Assistente Scout AGESCI Pavia 1 dal 1996; Vice Cancelliere e Giudice del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo dal 1997; Rettore del Seminario Diocesano e Incaricato per le vocazioni dal 2001; Vicario Giudiziale dal 2007 e Canonico del capitolo della Cattedrale dal 2012.

30 settembre 2015

Morto a Lodi Mons. Claudio Baggini.

(Daniel Dibisceglie) - Si è spento a Lodi Mons. Claudio Baggini, Vescovo emerito di Vigevano, nella mattinata di venerdì 25 settembre. I funerali sono stati celebrati lunedì 28 dal Cardinale Angelo Scola e dai Vescovi Lombardi in un affollatissimo Duomo di Vigevano, l'omelia è stata affidata a Mons. Maurizio Gervasoni, attuale Vescovo di Vigevano. Il feretro di Mons. Baggini è stato posto nel coro dei canonici nella Chiesa Cattedrale della città ducale.

Siamo tornati

Dopo un periodo di pausa dovuto ad una serie di problematiche tecniche, vi informiamo che da oggi riprendono ufficialmente le nostre attività.
Grazie.

26 aprile 2014

Flash - BENEDETTO XVI CONCELEBRERA' ALLA MESSA DI CANONIZZAZIONI

(D.D.) - Benedetto XVI ha accettato l'invito di papa Francesco ad essere presente alla Messa di Canonizzazioni, non solo sarà presente ma sarà anche tra i concelebranti, non necessariamente però sarà tra i concelebranti che saliranno poi sull'altare accanto al Santo Padre.

Canonizzazioni: le delegazioni ufficiali

(D.D.) Numerossissime le delegazioni ufficiali dai vari stati che prenderanno parte alla Santa Messa con Canonizzazioni di domani.
L'Italia sarà rappresentata dal Presidente della Repubblica On. Sen. Giorgio Napolitano accompagnato dalla consorte e dal Presidente del Consiglio dei Ministri Sig. Matteo Renzi e consorte, il sindaco di Sotto il Monte dott. Eugenio Bolognini, il sindaco di Bergamo dott. Franco Tentorio e rappresentanti istituzionali della Provincia di Bergamo e della Regione Lombardia.
Dalla Polonia saranno presenti il Presidente della Repubblica Bronislaw Komorowski, il Presidente del Parlamento, il Presidente del Senato e alcuni ex Presidenti della Repubblica tra cui Lech Walesa.
Obama invia un suo consigliere per assistere alla celebrazione, rappresentati anche stati di religione islamica.

Papa Francesco scrive ai fedeli Bergamaschi

(D.D.) In occasione della canonizzazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II il Santo Padre ha inviato una lettera ai fedeli Bergamaschi pubblicato su "L'Eco di Bergamo":

Cari amici bergamaschi,
avvicinandosi il giorno della canonizzazione del beato Giovanni XXIII, ho sentito il desiderio di inviare questo saluto al vostro Vescovo Francesco, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai fedeli laici della Diocesi di Bergamo, ma anche a coloro che non appartengono alla Chiesa e all’intera comunità civile bergamasca.
So quanto bene volete a Papa Giovanni, e quanto lui ne voleva alla sua terra. Dal giorno della sua elezione al Pontificato, il nome di Bergamo e di Sotto il Monte sono diventati familiari in tutto il mondo e ancora oggi, a più di cinquant’anni di distanza, essi sono associati al suo volto sorridente e alla sua tenerezza di padre.
Vi invito a ringraziare il Signore per il grande dono che la sua santità è stata per la Chiesa universale, e vi incoraggio a custodire la memoria del terreno nel quale essa è germinata: un terreno fatto di profonda fede vissuta nel quotidiano, di famiglie povere ma unite dall’amore del Signore, di comunità capaci di condivisione nella semplicità.
Certo, da allora il mondo è cambiato, e nuove sono anche le sfide per la missione della comunità cristiana. Tuttavia, quell’eredità può ispirare ancora oggi una Chiesa chiamata a vivere la dolce e confortante gioia di evangelizzare, ad essere compagna del cammino di ogni uomo, “fontana del villaggio” alla quale tutti possono attingere l’acqua fresca del Vangelo. Il rinnovamento voluto dal Concilio Ecumenico Vaticano II ha aperto la strada, ed è una gioia speciale che la canonizzazione di Papa Roncalli avvenga assieme a quella del beato Giovanni Paolo II, che tale rinnovamento ha portato avanti nel suo lungo pontificato.
Sono certo che anche la società civile potrà sempre trovare ispirazione dalla vita del Papa bergamasco e dall’ambiente che lo ha generato, ricercando modalità nuove ed adatte ai tempi per edificare una convivenza basata sui valori perenni della fraternità e della solidarietà.
Cari fratelli e sorelle, affido questo mio messaggio all’«Eco di Bergamo», di cui il giovane sacerdote Don Angelo Roncalli fu apprezzato collaboratore. Quando poi il ministero lo portò lontano, egli ricevette sempre dalle pagine dell’«Eco» la voce e il richiamo della sua terra. Vi chiedo di pregare per me, mentre assicuro il mio ricordo e la preghiera per tutti voi, in particolare per i sofferenti, per gli ammalati — ricordando l’Ospedale cittadino che avete voluto dedicare a Papa Giovanni — e per il Seminario diocesano, tanto caro al suo cuore. A tutti invio, nell’imminenza delle feste pasquali, la Benedizione Apostolica.
(Libreria Editrice Vaticana - Eco di Bergamo)

18 agosto 2013

Eccoci

Eccoci di nuovo attivi, abbiamo aggiornato la grafica e i contenuti.
Potete trovare, come promesso, i migliori momenti della GMG nel blog dedicato cliccando QUI.
Da mercoledì inizieremo col seguire di nuovo il Santo Padre, ci scusiamo per l'interruzione.

26 luglio 2013

GMG, lavori in corso

Siamo stati fermi in questo periodo per dei lavori in corso per un rinnovo del sito, dopo la GMG, da lunedì 29 luglio saremo attivi e pubblicheremo un reportage della GMG e degli incontri dei giovani nelle Diocesi e regioni ecclesiastiche italiane. Continuate a seguirci!

 

Lo Staff

5 aprile 2013

La Settimana Santa di Papa Francesco

(Daniel Dibisceglie) – Una settimana Santa ricca di impegni e di emozioni quella di Papa Francesco, iniziata con la Messa Crismale del Giovedì Santo dove il Santo Padre ha ricordato ai sacerdoti che: “Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo; questa è una prova chiara. (...) Non è precisamente nelle autoesperienze o nelle introspezioni reiterate che incontriamo il Signore: i corsi di autoaiuto nella vita possono essere utili, però vivere la nostra vita sacerdotale passando da un corso all’altro, di metodo in metodo, porta a diventare pelagiani, a minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui, con fede, usciamo a dare noi stessi e a dare il Vangelo agli altri”. Ha parlato anche di liturgia evidenziando che: “non è semplice ornamento e gusto per i drappi, bensì presenza della gloria del nostro Dio che risplende nel suo popolo vivo e confortato (...). L'unzione, cari fratelli, non è per profumare noi stessi e tanto meno perché la conserviamo in un'ampolla, perché l'olio diventerebbe rancido ... e il cuore amaro”.

Nel pomeriggio il Santo Padre ha celebrato la Messa in Coena Domini nell’istituto penitenziario per minori di Casal di Marmo, dove alla presenza dei 50 giovani detenuti ha lavato i piedi a 10 ragazzi e due ragazze. Nell’omelia ha sottolineato il dovere di aiutare gli altri: “Come prete e come vescovo devo essere al vostro servizio. Ma è un dovere che mi viene dal cuore: lo amo”.
Papa Francesco ha evidenziato l’importante gesto della lavanda dei piedi: “Questo è commovente. Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli. Pietro non capiva nulla, rifiutava. Ma Gesù gli ha spiegato. Gesù - Dio - ha fatto questo! E Lui stesso spiega ai discepoli: 'Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come ho fatto io' (Gv 13,12-15). È l’esempio del Signore: Lui è il più importante e lava i piedi, perché fra noi quello che è il più alto deve essere al servizio degli altri. E questo è un simbolo, è un segno, no?

Lavare i piedi è: 'io sono al tuo servizio'. E anche noi, fra noi, non è che dobbiamo lavare i piedi tutti i giorni l’uno all’altro, ma che cosa significa questo? Che dobbiamo aiutarci, l’un l’altro. A volte mi sono arrabbiato con uno, con un’altra … ma… lascia perdere, lascia perdere, e se ti chiede un favore, fatelo. Aiutarci l’un l’altro: questo Gesù ci insegna e questo è quello che io faccio, e lo faccio di cuore, perché è mio dovere. Come prete e come vescovo devo essere al vostro servizio. Ma è un dovere che mi viene dal cuore: lo amo. Amo questo e amo farlo perché il Signore così mi ha insegnato. Ma anche voi, aiutateci: aiutateci sempre. L’un l’altro. E così, aiutandoci, ci faremo del bene. Adesso faremo questa cerimonia di lavarci i piedi e pensiamo, ciascuno di noi pensi: 'Io davvero sono disposta, sono disposto a servire, ad aiutare l’altro?'. Pensiamo questo, soltanto. E pensiamo che questo segno è una carezza di Gesù, che fa Gesù, perché Gesù è venuto proprio per questo: per servire, per aiutarci”.

Prima del ritorno in Vaticano, Papa Francesco ha ringraziato i giovani per la loro accoglienza e ha detto loro: "Non lasciatevi rubare la speranza!". Un giovane ha chiesto al Papa perché avesse deciso di recarsi in visita nell'Istituto penitenziario ed il Papa ha risposto che a spingerlo era stato un sentimento che è venuto dal cuore. Prima di decidere la visita a Casal del Marmo, il Papa aveva chiesto: "Dove sono quelli che forse mi aiuteranno di più ad essere umile, ad essere servitore come deve essere un vescovo? Dove sono quelli a cui piacerebbe una mia visita? E mi hanno detto "Casal del Marmo, forse". E quando me l'hanno detto, sono venuto qui. Ma dal cuore è venuto quello, soltanto. Le cose del cuore non hanno spiegazione, vengono solo. Grazie, eh!". Papa Francesco, prima di congedarsi ha infine salutato tutti con queste parole: "Adesso mi congedo. Grazie tante della vostra accoglienza. Pregate per me e non lasciatevi rubare la speranza. Sempre avanti!. Grazie tante!".

Il Secondo giorno del Triduo Pasquale il Santo Padre ha celebrato in San Pietro la celebrazione della Passione del Signore, dopo aver ascoltato il racconto della Passione secondo il Vangelo di Giovanni il predicatore della Casa Pontificia Padre Cantalamessa ha tenuto la sua omelia. Nella serata il Santo Padre ha presieduto il pio esercizio della Via Crucis, i testi sono stati curati da giovani libanesi, sotto la guida di Sua Beatitudine il Cardinale Boutros Rai. Al termine il Papa ha tenuto un breve discorso: “Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio di aver partecipato numerosi a questo momento di intensa preghiera. E ringrazio anche tutti coloro che si sono uniti a noi tramite i mezzi di comunicazione, specialmente le persone malate e anziane.

Non voglio aggiungere tante parole. In questa notte deve rimanere una sola parola, che è la Croce stessa. La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono. È anche giudizio: Dio ci giudica amandoci. Ricordiamo questo: Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva.

Cari fratelli, la parola della Croce è anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi. I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di sé la Croce, come Gesù. Questa sera abbiamo sentito la testimonianza dei nostri fratelli del Libano: sono loro che hanno composto queste belle meditazioni e preghiere. Li ringraziamo di cuore per questo servizio e soprattutto per la testimonianza che ci danno. Lo abbiamo visto quando il Papa Benedetto è andato in Libano: abbiamo visto la bellezza e la forza della comunione dei cristiani di quella Terra e dell’amicizia di tanti fratelli musulmani e di molti altri. È stato un segno per il Medio Oriente e per il mondo intero: un segno di speranza.

Allora continuiamo questa Via Crucis nella vita di tutti i giorni. Camminiamo insieme sulla via della Croce, camminiamo portando nel cuore questa Parola di amore e di perdono. Camminiamo aspettando la Risurrezione di Gesù, che ci ama tanto. È tutto amore”.

Nella Veglia Pasquale, celebrata alle 20.30 di Sabato, il Santo Padre ha invitato i fedeli ad accettare Gesù con queste parole: “Fratelli e sorelle, non chiudiamoci alla novità che Dio vuole portare nella nostra vita! Siamo spesso stanchi, delusi, tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela. Non chiudiamoci in noi stessi, non perdiamo la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c’è peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui. (…) Accetta allora che Gesù Risorto entri nella tua vita, accoglilo come amico, con fiducia: Lui è la vita! Se fino ad ora sei stato lontano da Lui, fa’ un piccolo passo: ti accoglierà a braccia aperte. Se sei indifferente, accetta di rischiare: non sarai deluso. Se ti sembra difficile seguirlo, non avere paura, affidati a Lui, stai sicuro che Lui ti è vicino, è con te e ti darà la pace che cerchi e la forza per vivere come Lui vuole”.

imageDomenica ha celebrato in Piazza San Pietro la Santa Messa del giorno di Pasqua, numerosi pellegrini hanno manifestato la loro vicinanza al Santo Padre con striscioni, applausi e cori. Nel Messaggio Urbi et Orbi ha rivolto ai fedeli parole per la Pace: “

E così domandiamo a Gesù risorto, che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace per il mondo intero.

Pace per il Medio Oriente, in particolare tra Israeliani e Palestinesi, che faticano a trovare la strada della concordia, affinché riprendano con coraggio e disponibilità i negoziati per porre fine a un conflitto che dura ormai da troppo tempo. Pace in Iraq, perché cessi definitivamente ogni violenza, e, soprattutto, per l’amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi, che attendono aiuto e consolazione. Quanto sangue è stato versato! E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi?

Pace per l’Africa, ancora teatro di sanguinosi conflitti. In Mali, affinché ritrovi unità e stabilità; e in Nigeria, dove purtroppo non cessano gli attentati, che minacciano gravemente la vita di tanti innocenti, e dove non poche persone, anche bambini, sono tenuti in ostaggio da gruppi terroristici. Pace nell’est della Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centroafricana, dove in molti sono costretti a lasciare le proprie case e vivono ancora nella paura.

Pace in Asia, soprattutto nella Penisola coreana, perché superino le divergenze e maturi un rinnovato spirito di riconciliazione.

Pace a tutto il mondo, ancora così diviso dall’avidità di chi cerca facili guadagni, ferito dall’egoismo che minaccia la vita umana e la famiglia, egoismo che continua la tratta di persone, la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo; la tratta delle persone è proprio la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo!. Pace a tutto il mondo, dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali! Pace a questa nostra Terra! Gesù risorto porti conforto a chi è vittima delle calamità naturali e ci renda custodi responsabili del creato.

Cari fratelli e sorelle, a tutti voi che mi ascoltate da Roma e da ogni parte del mondo, rivolgo l’invito del Salmo: «Rendete grazie al Signore perché è buono, / perché il suo amore è per sempre. / Dica Israele: / “Il suo amore è per sempre”» (Sal 117,1-2)”. Infine ha ringraziato i fedeli in Piazza con queste parole: “Cari fratelli e sorelle,

giunti da ogni parte del mondo in questa piazza, cuore della cristianità, e tutti voi che siete collegati attraverso i mezzi della comunicazione, rinnovo il mio augurio: Buona Pasqua! Portate nelle vostre famiglie e nei vostri paesi il messaggio di gioia, di speranza, e di pace che ogni anno, in questo giorno, si rinnova con forza. Il Signore Risorto, vincitore del peccato e della morte, sia di sostegno a tutti, specialmente ai più deboli e bisognosi. Grazie per la vostra presenza e la testimonianza della vostra fede. Un pensiero e un grazie in particolare per il dono dei bellissimi fiori che provengono dai Paesi Bassi. A tutti ripeto con affetto: Cristo Risorto guidi tutti voi e l'intera umanità su sentieri di giustizia, di amore e di pace”.

26 marzo 2013

L’abbandono di Magdi

(Andrea Tornielli – La Stampa ) -  Magdi Cristiano Allam, già vicedirettore del “Corriere della Sera” e ora leader del movimento politico “Io amo l’Italia”, convertito al cristianesimo e battezzato personalmente da Benedetto XVI nel 2008 con padrino di battesimo il parlamentare pidiellino Maurizio Lupi, ha annunciato la sua decisione di lasciare la Chiesa. E così come le motivazioni della sua conversione erano state spiegate in un lungo articolo autobiografico sul quotidiano di via Solferino, anche le ragioni del suo repentino abbandono sono state affidate alle pagine di un quotidiano, “Il Giornale”.

“La mia conversione al cattolicesimo, avvenuta per mano di Benedetto XVI nella notte della Veglia Pasquale il 22 marzo 2008, la considero conclusa ora in concomitanza con la fine del suo papato“, scrive Magdi Allam.

“Sono stati cinque anni di passione in cui ho toccato con mano la vicissitudine del vivere da cattolico salvaguardando nella verità e in libertà ciò che sostanzia l’essenza del mio essere persona come depositario di valori non negoziabili, di un’identità certa, di una civiltà di cui inorgoglirsi, di una missione che dà un senso alla vita”.

La Papalatria che ha infiammato l’euforia per Francesco I e ha rapidamente archiviato Benedetto XVI, è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un quadro complessivo di incertezze e dubbi sulla Chiesa… Se proprio Benedetto XVI denunciando la «dittatura del relativismo» mi aveva attratto e affascinato, la verità è che la Chiesa è fisiologicamente relativista“.

“Ciò fa sì che la Chiesa – continua Magdi Allam – assume posizioni ideologicamente contrarie alla Nazione come identità e civiltà da preservare, predicando di fatto il superamento delle frontiere nazionali. Come conseguenza la Chiesa è fisiologicamente buonista… Infine prendo atto che la Chiesa è fisiologicamente tentata dal male, inteso come violazione della morale pubblica, dal momento che impone dei comportamenti che sono in conflitto con la natura umana, quali il celibato sacerdotale, l’astensione dai rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, l’indissolubilità del matrimonio, in aggiunta alla tentazione del denaro”.

“Ciò che più di ogni altro fattore mi ha allontanato dalla Chiesa è il relativismo religioso e in particolare la legittimazione dell’islam come vera religione…”. Allam conclude: “Continuerò a credere nel Gesù che ho sempre amato e a identificarmi orgogliosamente nel cristianesimo come la civiltà che più di altre avvicina l’uomo al Dio che ha scelto di diventare uomo e che più di altre sostanzia l’essenza della nostra comune umanità. Continuerò a difendere laicamente i valori non negoziabili della sacralità della vita, della centralità della famiglia naturale, della dignità della persona, della libertà religiosa”.

Insomma, all’origine del clamoroso gesto, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, sarebbe stata la “Papalatria” nei confronti di Francesco - evidentemente l’ondata spontanea di simpatia umana provocata dal nuovo Pontefice e dai suoi primi gesti scatena l’orticaria in qualcuno – ma soprattutto il fatto che Papa Bergoglio abbia salutato la delegazione islamica venuta a Roma per il suo insediamento dicendo – in linea con il Concilio e i papi suoi immediati predecessori, Ratzinger compreso – che bisogna dialogare. Certo, qualcuno avrebbe preferito che la delegazione islamica fosse stata fermata all’aeroporto dagli alabardieri svizzeri e rispedita al mittente, o meglio rinchiusa nelle celle vaticane appena ritinteggiate, o magari messa alla gogna.

Francesco, con le sue scarpe grosse, avrebbe almeno potuto fare lo sgambetto ai dignitari musulmani venuti a omaggiarlo, li avrebbe potuti far legare, lasciare per almeno una notte all’addiaccio nei giardini vaticani in attesa di loro eventuale conversione (possibilmente più convinta di quella di Magdi, please). In caso contrario li avrebbe potuto trattenere come schiavi adibendoli a ruoli di bassa manovalanza… Invece il Papa, immemore della civiltà cristiana e dell’onore della Nazione Italiana tanto amata dal Nostro, li ha ricevuti e ha persino stretto loro la mano! Probabilmente l’ha fatto non essendo cosciente ciò che avrebbe provocato questo suo gesto di non inimicizia nei confronti dei musulmani: l’abbandono di Magdi Allam…

Due piccole chiose: non mi permetto di leggere nel cuore delle persone, mi dispiace che Magdi sia arrivato a questa decisione, ma leggo i giornali e a mio avviso le ragioni profondamente “civili” e anti-islamiche della conversione di Allam erano piuttosto evidenti fin dall’inizio. Per questo mi piacerebbe qualche riflessione da parte di chi ha organizzato il battesimo papale la notte di Pasqua e ha portato il giro per l’Italia Magdi (Cristiano) Allam come una Madonna pellegrina, presentando la sua storia personale come esempio di ratzingeriano connubio tra fede, ragione e religione civile identitaria da usare come una clava (povero Benedetto XVI!). E facendo sì che catechizzasse tanti poveri “buonisti”, cattolici dalla nascita senza il nerbo e la schiena dritta di certi convertiti, magari ancora propensi a tendere la mano all’immigrato prima ancora che esibisca il permesso di soggiorno e seguaci di un “re crocifisso” (per citare il buonista Papa Francesco) che si è fatto uccidere invece di fulminare suoi aguzzini.

L’ultima annotazione riguarda un passaggio a mio avviso illuminante dell’articolo di Magdi Allam, che mi ha particolarmente colpito e che non riesco a incastonare bene nel resto del discorso, tutto intriso di principi non negoziabili, religione civile e cristianesimo identitario. E’ quello in cui dice che la Chiesa “impone dei comportamenti che sono in conflitto con la natura umana”, quali “l’astensione dai rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, l’indissolubilità del matrimonio”. C’entra anche questo nella sua decisione di lasciare la Chiesa cattolica dopo appena cinque anni?

25 marzo 2013

I giovani e la politica: una sfida possibile

(Matteo Cuturello) -  Dopo l’ultima tornata elettorale, il nostro Paese, che prima aveva una guida, si trova in questi giorni,senza un governo stabile.
Il sorprendente - e disarmante - risultato elettorale, che ha spalancato le porte ad un movimento composto da opportunisti, persone che si dicono “stufe della politica” e con“voglia di cambiamento”.
Per carità, la voglia di cambiamento è più che legittima, ma con i dovuti modi. Chi durante la campagna elettorale ha predicato bene, adesso, che si trova a dovere rendere
conto a qualche milione di elettori, non potrà che razzolare male, perchè l’ambiante del Palazzo è ormai stantio, logoro e putrescente.
Con il passare degli anni e delle legislature, è venuta meno la dimensione sociale della politica, e di
conseguenza la stretta rete di relazioni intessute tra i cittadini si sta smagliando. Non è possibile pensare alla politica senza un rapporto con l’altro, facendo prevalere l’individualismo (cfr l’intervista al card. C. Caffarra riportata dall’articolo di M. Giardina “il comandamento di costruire”, Tempi).
In un’ottica di cambiamento, i giovani hanno un ruolo fondamentale, dal momento che sono chiamati in prima persona a decidere del futuro del proprio Paese.
Come disse Aldo Moro durante il discorso all’XI Congresso Nazionale della DC nel giugno del 1969, “la richiesta di innovazione comporta la richiesta di partecipazione; non è solo una rivendicazione, ma anche un dovere e una assunzione di responsabilità”. Che tradotto, significa proprio l’esatto contrario di ciò che si sta verificando in Italia nel XXI secolo: i giovani, il futuro di un Paese, che si trovano a dovere esprimere una preferenza, lo fanno senza delle reali motivzioni, ma per simpatia o opportunismo.
Di politica e giovani ha parlato - e parla tutt’oggi - la Chiesa, dapprima con le encicliche sociali di Papa Leone XIII (una su tutte è la Rerum Novarum, scritta nel 1891), per continuare con Papa Giovanni Paolo II, che celebra il centenario della Rerum Novrum. Il Papa Beato scrive: “il patrimonio dei valori tramandati e acquisiti è sempre sottoposto dai giovani a contestazione. Contestare non vuole dire distruggere o rifiutare in modo aprioristico, ma vuole significare soprattutto mettere alla prova nella propria vita e rendere quei valori più vivi”.
Questo patrimonio si è, con il passare degli anni, sempre più impoverito, fino ad arrivare inesorabilmente a una condizione de sterilità morale e sociale. Il card. Caffarra, nell’intervista citata,
afferma che “pensiamo di potere costruire una società fra soggetti affettivamente asociali, dove la persona umana non ha più nessun rapporto originario con l’altro. Ma allora ci si domanda: perchè
devo essere morale?”.
Il porporato continua dicendo: [oggi] “sembriamo in un vicolo cieco e subiamo la supremazia dell’economico sul politico”, e che “non si costruisce niente se non si prende coscienza della visione
che si ha della vita umana”.
La sfida che la classe politica, oggi, dovrebbe accettare è proprio questa: prendere coscienza della
vita umana, e fare ciò che è in loro facoltà per preservarla e fare si che sia condotta nel modo più
dignitoso possibile, nel caso si verifichino condizioni che ne impediscano la piena manifestazione.
Purtroppo, però, è di gran lunga più facile e comodo rimanere appollaiati al proprio cadreghino
che sporcarsi le mani per cambiare un Paese.
È una bella sfida, e speriamo che qualcuno la accolga seriamente.

21 marzo 2013

Giuseppe, modello per il Papa

(Andrea Tornielli) - Chi si aspettava una grande omelia programmatica del pontificato sarà rimasto sorpreso. Papa Francesco ha parlato della fede, della forza e della tenerezza di un santo a cui è devotissimo e che la Chiesa ieri ha festeggiato: Giuseppe. È lui il modello al quale il nuovo vescovo di Roma vuole ispirarsi.

«Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli… Solo chi serve con amore sa custodire!».

579148_10151321390175636_1433028509_nEcco il programma del pontificato: «servire» umilmente, tornando all’essenziale, per comunicare il messaggio della misericordia di un Dio che si è sacrificato sulla croce. Servire concretamente. E poi «custodire» aprendo le braccia, accogliendo con tenerezza tutta l’umanità, in particolare i poveri, i piccoli, i deboli.

Dopo aver rivolto un pensiero al predecessore Joseph Ratzinger, che festeggiava l’onomastico, e dopo aver salutato le delegazioni presenti citando esplicitamente i rappresentanti della comunità ebraica, il nuovo Papa nell’omelia ha tratteggiato la figura di san Giuseppe. Predicando in piedi, senza la mitria sul capo, ha sottolineato che la missione affidata da Dio al carpentiere di Nazaret è quella di essere «custode».

Giuseppe, ha vissuto la sua vocazione di custode «nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio». Si è lasciato guidare «dalla volontà di Dio, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge».

I cristiani, come Giuseppe, custodiscono Cristo nella loro vita «per custodire gli altri, per custodire il creato». Ma Francesco ha ricordato che la «vocazione del custodire» riguarda tutti, non solo i cristiani. «È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato… è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore».

È anche, ha continuato il Papa, «l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti».

Quando viene «l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire», allora «trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce». In ogni epoca della storia, ha detto il Papa «ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna». Francesco ha quindi chiesto «a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale» come pure a tutti gli uomini di essere «”custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!»

Ma per essere capaci di custodire, ha spiegato Francesco, bisogna evitare «che l’odio, l’invidia, la superbia» sporchino la vita. Il Papa ha citato per sei volte la parola tenerezza. Custodire e prendersi cura «chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza». E la tenerezza, ha concluso, «non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro». Per questo «non dobbiamo avere timore» della bontà e della tenerezza.

«Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi».

Habemus Papam, un seminarista racconta la fumata bianca

(Fr. Luca Maria Centomo L.C.)

Annuntio vobis gaudium magnum;

habemus Papam:

Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum,

Dominum Georgium Marium

Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio

qui sibi nomen imposuit Franciscum

Solo oggi sono riuscito a sedermi davanti al computer per metter giù, nero su bianco, i pensieri che sono affiorati nel mio cuore in questi giorni così intensi, qui, a Roma, centro della cristianità.

Non sbaglio quando dico “i pensieri del cuore”, perché in occasioni come queste solo il cuore può penetrare con più profondità la storia, poiché solo il cuore possiede ragioni che la mente ignora.

Mi riferisco al fatto che 100mila persone sono balzate, dai viottoli di Roma, in piazza San Pietro, quando, dopo la fumata bianca, hanno cominciato a suonare anche le campane, quelle stesse campane che hanno dato l’addio a Benedetto XVI e che ora hanno accolto Francesco. Mi viene la pelle d’oca...

Chi sono andate a vedere queste 100mila persone, mercoledì scorso, dopo il lavoro, sotto la pioggerellina che tormentava Roma? Il Papa! Habemus Papam! Ditemi, voi,chi siete andati a vedere? Un uomo? L’uomo non ci importava. Poteva essere qualsiasi “Cardinale di Santa Romana Chiesa”, alla gente importava solo che dopo 13 giorni di sede vacante, Dio aveva ridato la sua guida, il suo Pastore alla Chiesa! Infatti, chi lo conosceva? Pochi, realmente pochi. I media non lo avevano per niente considerato come possibile candidato.

Ma chi è il candidato, se non quell’uomo che Dio si è scelto per il suo Popolo Santo? Ecco, Dio ci ha donato il successore di Pietro e si chiama Francesco! Sì, habemus papam! Chi si sarebbe mai aspettato un papa polacco, eppure abbiamo forse qualcosa da ridire su Giovanni Paolo II? E di Ratzinger… “no, non ci sa fare, è un teologo, è poco carismatico… ” eppure a chi non si è stretto il cuore quando quell’elicottero ha salutato i fedeli e tutto il mondo, come se fosse in un’altra dimensione, tra Cielo e Terra? Sì, Dio non abbandona mai la Sua Chiesa ed ora ci dona Francesco! Povertà e Pace! «Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza».

Non vi dico che emozione alla fumata bianca! Via, salto in macchina e a tutta birra verso il Vaticano. Dire che avevo il cuore in gola è poco, le lacrime agli occhi no, perché sennò mi sarei stampato sul primo semaforo cercando disperatamente di evitare il consueto traffico romano. La città era in delirio. Roma aveva di nuovo il suo Vescovo e Papa!

«E adesso vorrei dare la benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiede la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me».

Per un minuto è calato un silenzio di pace davvero di fratellanza universale. Ho provato lo stesso quando, alla “GMG” di Madrid, 2 milioni di ragazzi sono rimasti in assoluto silenzio, per una decina di minuti, davanti a Cristo Eucaristia, nella spianata di Cuatro Vientos. Quel silenzio è stato soave, leggero come la brezza che passò sulla grotta di Elia (1Re 19,12)… in esso s’innalzava lo Spirito Santo, che ogni fedele stava invocando sul suo nuovo Pastore.

La gente si abbracciava e pregava, come se si fosse conosciuta da sempre. Tutti, quel giorno, eravamo davvero fratelli…

In quest’anno, iniziato con Benedetto XVI e che ora continua con Francesco, la fede ha dimostrato d’essere viva, nella nostra Chiesa, ci ha dimostrato che uniti possiamo davvero conquistare il mondo per Cristo e la gloria del Padre!

Carissimi, questo davvero è stato l’Anno della Fede! Con Giovanni Paolo II, Dio ci ha dato un sacerdote che, come Cristo, si è offerto come vittima, per mostrarci il valore del sacrificio della sofferenza; con Benedetto XVI, Dio ci ha dato un profeta, che ha ispirato i nostri cuori, illuminato le nostre menti ed anche estirpato il male che risiedeva nel suo popolo; ora, con Francesco, Dio nella festa del papà ci offre un padre che ci dona tutta la misericordia e l’amore di Dio!

VIVA IL PAPA!

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20 marzo 2013

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