20 marzo 2013

“La tenerezza è dei forti". E il Papa esalta Giuseppe

Nell’omelia il programma del pontificato: il vero potere è servizio

(Andrea Tornielli – Vatican Insider) - Chi si aspettava una grande omelia programmatica del pontificato sarà rimasto sorpreso. Papa Francesco ha parlato della fede, della forza e della tenerezza di un santo a cui è devotissimo e che la Chiesa ieri ha festeggiato: Giuseppe. È lui il modello al quale il nuovo vescovo di Roma vuole ispirarsi.

«Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli... Solo chi serve con amore sa custodire!».

72414_10151503162667937_2107951486_nEcco il programma del pontificato: «servire» umilmente, tornando all’essenziale, per comunicare il messaggio della misericordia di un Dio che si è sacrificato sulla croce. Servire concretamente. E poi «custodire» aprendo le braccia, accogliendo con tenerezza tutta l’umanità, in particolare i poveri, i piccoli, i deboli.

Dopo aver rivolto un pensiero al predecessore Joseph Ratzinger, che festeggiava l’onomastico, e dopo aver salutato le delegazioni presenti citando esplicitamente i rappresentanti della comunità ebraica, il nuovo Papa nell’omelia ha tratteggiato la figura di san Giuseppe. Predicando in piedi, senza la mitria sul capo, ha sottolineato che la missione affidata da Dio al carpentiere di Nazaret è quella di essere «custode».

Giuseppe, ha vissuto la sua vocazione di custode «nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio». Si è lasciato guidare «dalla volontà di Dio, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge».

I cristiani, come Giuseppe, custodiscono Cristo nella loro vita «per custodire gli altri, per custodire il creato». Ma Francesco ha ricordato che la «vocazione del custodire» riguarda tutti, non solo i cristiani. «È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato... è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore».

È anche, ha continuato il Papa, «l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti».

Quando viene «l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire», allora «trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce». In ogni epoca della storia, ha detto il Papa «ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna». Francesco ha quindi chiesto «a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale» come pure a tutti gli uomini di essere «custodi» della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; «non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!».

Ma per essere capaci di custodire, ha spiegato Francesco, bisogna evitare «che l’odio, l’invidia, la superbia» sporchino la vita. Il Papa ha citato per sei volte la parola tenerezza. Custodire e prendersi cura «chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza». E la tenerezza, ha concluso, «non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro». Per questo «non dobbiamo avere timore» della bontà e della tenerezza. «Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi».

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